martedì 22 dicembre 2015

Storia di un'agenda

E infin giunse la febbre. 
E con essa il tempo di portare a compimento il mio progetto di fine anno: 
l'Agenda Bislacca 2016


Agenda Bislacca 2016: nasce, cresce e si nutre nella confusione!

Il giorno in cui ho deciso di farmi l'agenda da sola, mi sono per un momento sentita un genio. Ho iniziato a ideare, a fare schemi, a costruirmela in testa camminando, a gettare schizzi preparatori sul mio quaderno, in un moto di pura esaltazione ingegneristica – non che io abbia idea di quanto possa sentirsi esaltato un ingegnere, sia detto per inciso. 
Poi mi sono messa a cercare su Pinterest immagini e tutorial di agende fai-da-te, planning, journaling e compagnia. Ecco, in quell'istante qualcosa dentro di me si è incrinato. 



Agenda Bislacca 2016: l'errore non solo è concesso, è incentivato!

Là fuori c'è un modo di persone organizzate con le quali è impossibile competere. Le suddette persone sono pronte a vivere un anno felice sapendo che sulla loro scrivania bianca le attende un'agenda voluminosa come una torta di panna a 8 piani, coscienziosamente suddivisa in pratiche macrocategorie. Un colore per ogni argomento e via con l'estasi decorativa: un profluvio di timbri, etichette, washi tape e prodotti di cartoleria varia di cui nemmeno conosco il nome, perché, si sa, gli impegni sembrano meno impegni se li scrivi in pervinca su uno sfondo a polkadots color cipria. 



Agenda Bislacca 2016: il dosso centrale creatosi a causa della sedimentazione di washi tape
sempre nello stesso punto è stato naturalmente progettato prima!

Dopo un primo momento di sconforto, però, mi sono accorta che in fin dei conti non avevo tutto questo tempo a disposizione per decorare un'agenda e che incollarci dentro un po' di scotch colorato e qualche immagine carina ogni tanto mi bastava e avanzava – e bastava e avanzava anche alla me stessa ottenne che mi ha aiutata nell'impresa, anzi, ne approfitto per ringraziarla pubblicamente: 


Grazie Norma di 8 anni, senza la tua dimestichezza con le forbici 
con la punta arrotondata e la colla stick non ce l'avrei mai fatta. 

E così ho lasciato perdere il mondo del planning organizzato e sono tornata ai miei schemini iniziali, devo dire rispettandoli con una certa serietà (a parte quando mi accorgevo di aver saltato intere settimane, ma del resto i fogli aggiuntivi servono a questo).



"Paper Theatre" - Illustrazione di Elle McKay  

Come ho creato la mia agenda fai da te? 

1. Volevo un quaderno piccolo, abbastanza sottile, con la spirale e le pagine bianche. 

Ho preso questo meraviglioso quaderno di Paper Outlet.



L'immagine è a puro scopo illustrativo; origami e cuscino Ikea sono venduti separatamente
Come si può facilmente evincere dall'immagine, no: il quaderno non ha la spirale. 
No, non è nemmeno piccolo. 
Però ha le pagine bianche e soprattutto ha un pettirosso in copertina.  

2. Volevo una pratica, snella agenda settimanale.

Ma io non sono mai decisa in nulla, e dopo un tentennamento atroce nel quale ho coinvolto più di un'amica - "settimanale o giornaliera?" - sono giunta ad un compromesso che lì per lì mi pareva pure intelligente: settimanale e giornaliera insieme! 
Dopo una rapida mano di conti, mi sono accorta che per farci stare tutto ciò non mi sarebbe mai bastato un quaderno solo



Illustrazione di Karl Martens


Per cui tadaaan! eccola a voi, Siori e Siore: 
la prima agenda semestrale della storia!
Agenda Bislacca 2016 parte prima!
 Leggera ed ergonomica, arricchita da numerosi refusi e soprattutto sobria! 

E così da gennaio a giugno sono a posto. 


Ora, è stato naturalmente solo l'orgoglio ad obbligarmi a finirla e sarà sempre per orgoglio che la utilizzerò, anche se ogni volta che entro in una cartoleria mi mordo le nocche inveendo contro me stessa.

giovedì 12 novembre 2015

La conta delle nuvole


La prima nuvola è quella che vedo alzando la testa. È esattamente come una nuvola dev'essere: bianca, batuffolosa, tondeggiante, simpatica. Mi strappa un sorriso di primo mattino.

La seconda nuvola è più sfilacciata, come quando provo a tirare via un pezzetto d'ovatta e invece non faccio altro che allungarlo all'infinito. È leggerissima, palpabile appena. Man mano che la guardo si dissolve.

La terza nuvola è maestosa. La sua mole incombe, copre, spaventa. Mi sento minuscola sotto la sua ombra e il mio primo istinto sarebbe scappare. Per poi guardarla ammirata, da lontano, da un posto sicuro.




Un bel giorno, dopo la mia solita passeggiata pre autobus, mi sono fermata. Il risveglio era stato dolce, dopo una notte insonne, dopo pensieri difficili. Ed era stato dolce perché avevo visto zampettare i merli nel parco. 
Mi sono fermata e, come se l'avessi appena scoperto, mi sono detta "A volte mi dimentico quello che ho e quello che sono"
Ora, non ho le ali e nemmeno uno splendido canto, e di questo me ne rammarico. Ma amo osservare gli animali indaffarati, amo la pace che la loro presenza mi regala. E non è, questa, una cosa che ho?
Allora mi sono fermata ancora. Mi sono ricordata di quanto poco mi basti per rasserenarmi un po'. Pochissimo, ne convengo, se vedere un merlo che gonfia le penne basta a risollevarmi da un momento di cupa ambascia.




Ho tante cose.
Sono tante cose – e tutte in una volta, caoticamente.
Non lo voglio dimenticare.




Una bella passeggiata nel parco, in un giorno di sole. Una chiacchierata senza timori, con una persona che ha davvero piacere di ascoltarmi. Un libro nella borsa, che aspetta di essere aperto. Una persona che sa farmi ridere. Un pranzetto preparato apposta per me. 
Questa è la nuvola numero uno.




Il silenzio. L'irrequietezza. Quella sensazione di voler creare qualcosa, che mi prende a volte, quando il cielo muta di colore e l'aria è cristallina, e che di solito si dissolve in nulla, ma è lì, è sempre la stessa sensazione da anni. Il voler essere ogni cosa bella. Ascoltarti suonare e pensare: questo è quello che suonerei io, se solo sapessi farlo.
Questa è la nuvola numero due.




La forza d'animo. Il coraggio, nonostante tutto. La testa che si alza dal cuscino, ogni mattina, la faccia che si guarda allo specchio e si sorride. Una persona che ti conosce nel profondo, ma non ti rinfaccia un bel niente: le vai bene così.
Questa è la nuvola numero tre.

È quella a cui faccio meno caso di tutte, perché se la guardo mi spaventa. È quella che attende di esplodere in un temporale, per diventare sereno, poi.


venerdì 30 ottobre 2015

Paura del buio

Clack. 
La luce si accende. Il neon sfrigola sopra la testa. 
Sai che a un certo punto si spegnerà. Ma non sai quando. 
Devi fare in fretta, perché il buio ti ha sempre fatto paura. Non esageratamente, giusto un po', quel tanto che basta a farti pizzicare la nuca, a farti toccare la schiena per assicurarti che sia tutto a posto. Sai, no, come ci si sente in questi casi: come se qualcuno dovesse comparire all'improvviso dietro di te...



La cantina è gelida e a questo non ti abitui mai. 
Le mura sono ruvide, graffiano se solo ti ci appoggi un momento. Ti chiedi ancora una volta se hai con te tutto quello che ti serve. 
Il respiro si affanna, i sensi rimangono all'erta.

"Cosa sta succedendo qui?” 
Sobbalzi.  
La voce è forte, perentoria. Non lascia scampo.  
Lo sapevi, doveva succedere: qualcuno ti ha vista mentre scendevi. Forse ti ha seguita, ha spiato i tuoi movimenti, ha notato l'armeggiare delle tue mani nervose e tu te ne sei accorta solo adesso. Il cuore prende a craniate la cassa toracica, le orecchie sono in fiamme per la vergogna.  
Ti volti. E loro ti stanno guardando. Ti stanno sfidando. Con gli occhi dardeggianti sembrano volerti dire "Non dovresti essere qui, a casa nostra, nel nostro regno..." 

"Come ne esco, ora? Cosa faccio? Cosa dico" ti chiedi. E non lo sai, no, non lo sai. 

Poi, anche volendo, ora come glielo spieghi cosa ci fai in cantina con un coltellaccio da cucina lucidissimo in mano, mentre il tuo compare ti riprende con una telecamera? 





lunedì 28 settembre 2015

Se no me lo dimentico 5 - libri, cocktail e storie edificanti

Dal momento che le circostanze mi richiedono di stare seduta, ho deciso di unire il dilettevole al dilettevole e di buttare giù la puntata numero cinque della ormai mitologica rubrica “Se no me lo dimentico”. Interamente dedicata ai libri, questa volta. 




C'è chi, come ricordo di una vacanza in Trentino, si porterebbe a casa grappe, formaggi tipici, campanacci.
 Io ho scelto una slogatura.  


Comunque, per rassicurarvi tutti, ci tengo a dire che post e foto risalgono entrambi a un paio di settimane fa.
Ora deambulo.


L'ebbrezza della lettura 


Storie di scrittori alle prese con i loro cocktail preferiti e una lista di idee per beveraggi ispirati ai libri: questo post di Ophelinha, Cocktail letterari tra libri e bollicine, me lo metto da parte per studiarmelo bene: è mio preciso dovere di lettrice-barista.

E comunque ho i miei seri dubbi che il gin non faccia puzzare l'alito, checché ne dicesse Fitzgerald.



Per ricordarmi di aggiungere questo libro alla lista di libri da leggere, 
salvo poi comprarne altri non contemplati quando vado in libreria

Marina di Scratchbook ha la capacità di scegliere sempre citazioni che mi colpiscono molto. Come queste.

Mentre morivo di Faulkner è un libro che voglio leggere da tempo. Attendo il prossimo momento in cui avrò bisogno di silenzio.


Letteratura Americana


Holden&Company è un blog che mi piace proprio assai e che consiglio a chiunque ami o voglia conoscere la letteratura americana. Io ci sto trovando moltissimi spunti, ad esempio in questa lista: I 100 Grandi Romanzi Americani secondo me, appena giunta alla puntata numero 4.

In attesa di scoprire se dei restanti 96 ne ho letto qualcuno o se la mia strada è ancora molto lunga (non che la cosa mi dispiaccia), mi soffermo sul bel post dedicato ad American Psychoromanzo a cui mi sento legata particolarmente, perché per me non è solo un libro: è un aneddoto. 



L'aneddoto 


Quando provai a leggere questo libro per la prima volta avevo 16 anni e il mio animo era di un'ingenuità quasi fiabesca. Immaginatevi Biancaneve che, dopo aver preso l'acqua al pozzo e cincischiato con un paio di scoiattoli, si siede nel suo cantuccio a leggere Bret Easton Ellis. Ecco, ero io. Ed ero sconvolta. 
Ciò di cui davvero non mi potevo capacitare era come mi sentivo: come può essere che senta un tale disgusto nei confronti di questa storia, di questo personaggio e allo stesso tempo non riesca a fare a meno di leggerla? Perché vado avanti, se mi sento così colpevole? E che cos'è questa cosa che sento nelle viscere, sarà mica - oddio, no, non questa parola - attrazione? 
Basta, mi dissi, con un tono un po' più perentorio, non posso continuare. Questo libro mi fa male.

La fascinazione che provavo mi appariva così inaccettabile che mi portò a compiere un gesto inconsulto: distrussi il libro. Lo feci a pezzettini piccoli piccoli, in una foga devastatrice che molto aveva in comune con gli apici di follia di Patrick Bateman. Guardai la carta che si accumulava nel sacco e pensai che era cosa buona e giusta, essermi liberata da quell'immondo fardello. Eppure sapevo che era lì. Passò forse qualche ora e mi ritrovai a frugare in mezzo a tutta quella carta spezzettata: trovai due pagine sopravvissute al massacro. Le lessi e le rilessi fino a impararle a memoria.

Un paio d'anni fa ho ricomprato il libro. E me lo sono letta tutto d'un fiato – avevo 10 anni di più e qualche preconcetto in meno. Al momento è tra i miei romanzi preferiti.


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Piccole cose, idee e suggestioni trovate in giro per il web o in giro per la strada: da questo accumulo continuo nasce Se no me lo dimentico, una rubrica senza cadenza precisa. 
Accade quando accade.


mercoledì 2 settembre 2015

A volte, fuggire

È un giorno afoso di luglio, di quelli ancora immersi nel lavoro, negli impegni, nella fatica delle ultime settimane prima dello stacco. Mi vieni a prendere all'uscita dall'ufficio.
“Domani facciamo una passeggiata” ci siamo detti il giorno prima e io e la bambina di 5 anni che ancora alberga in me l'abbiamo presa come una promessa. 
“Scegli: busta A o busta B?” mi dici. Questo gioco l'hai già fatto una volta. Sorrido, perché forse ho capito, e apro uno dei due bigliettini. Ma non pensavo, sul serio non pensavo, che la meta sarebbe stata davvero quella. 



È la sorpresa, la prima ad arrivare, una ventata fresca, dritta in faccia. Ma dietro di lei, correndo, arrivano i dubbi: sono milioni, sono veloci, sono dei perfetti sabotatori. Sanno farsi valere molto più di me. È troppo lontano, dicono. Avremo poco tempo per stare lì. Fa troppo caldo. Non è il caso di... 
Pfui. Li scaccio via, con una manata immaginaria. Zitto, cervello, non ti impicciare. Ho cose più importanti da fare, io. 





Abbiamo scelto l'ora più calda del giorno per partire e in macchina non c'è l'aria condizionata. Ma noi ugualmente andiamo verso nord est, col sole negli occhi. 
Sai che ci sono stata tre volte? ti racconto, due con la scuola, ma la più bella è stata la prima. Avevo sei anni, ero con mia cugina Alessia ed i miei zii ed ero convinta di non essere in Italia. Certo, all'epoca pensavo che in Italia ci fossero solo due città: Napoli e Forlì, e in mezzo tantissima campagna. Ricordo che comprammo due macchine fotografiche giocattolo, io verde e lei rosa, e se guardavi dentro l'obiettivo potevi vedere le fotografie dei punti più belli della città, clic clic clic, uno dopo l'altro. 
Ma chissà quante altre volte devo avertelo detto. Ci sono ricordi che mi porto addosso come gioielli. 





Il viaggio non è poi lungo come pensavamo e non è così tardi quando scendiamo dalla macchina e iniziamo a mescolarci tra la folla perenne, col preciso intento di perderci. 
Quanta bellezza, in questa città così surreale. Potrebbero farmi quasi male gli zigomi per quanto sorrido. 
Ci fermiamo un momento per bere qualcosa, in fondo eravamo usciti proprio per andarci a prendere uno spritz. Il fatto che dall'agognato bicchiere ci separassero 200 chilometri e passa si è rivelato infine un ostacolo di poco conto.
È un momento di tranquillità pura, un regalo che ci concediamo, un brindisi e quattro chiacchiere, mentre lo sguardo vaga intorno intorno, senza nessuna fretta, pigro e abbacinato. La città galleggia, emerge e s'immerge, si sbriciola, sfugge. 




La nostra passeggiata riprende. Ci piace farci incantare. Il vociare, i ciottoli, le bancarelle, l'acqua, i palazzi, i ponti. L'ombra e il sole, il buio e l'oro, una via, un'altra ancora. E poi, all'improvviso, il silenzio. Beh, certo, se escludiamo i gabbiani. 
Chissà dove siamo andati a finire. Tu stai già immaginando di girarci un film, tra questi palazzi di mattoni. A me si è scaricata la macchina fotografica proprio quando il cielo cominciava ad arrossire.
È ora di cena, ormai, quando ci decidiamo a chiedere la via per il centro ad un passante solitario. 
“Siete dalla parte opposta” ci risponde “Vi siete persi?”
Succede, quando esci senza una bussola in tasca.




martedì 21 luglio 2015

Parole disperse nell'aere

...e che insospettabilmente vi portano qui

Sì, ci casco anch'io. 
Anche io, blogger del martedì pomeriggio – un martedì sì e 12 no, s'intende – talvolta mi domando: ma com'è che la gente finisce a leggere proprio queste pagine? 
Allora vado a controllare la mia bella lista di parole e, di solito, rido. 


Cosa mai scriverà la gente su Google per capitare proprio qua?

(con tutti i blog che ci stanno al mondo, dico io)



Dubbi morfologici 
"Si scrive riempie o riempe?"

Anche in costrutti complessi come “si riempe con la gru” o "riempie l'estate". Spero che il titolo del blog abbia risolto il vostro dubbio, giovani virgulti.

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Spasmodica ricerca di tutorial 
"Come fare le nuvole sul soffitto" 

Avendo le capacità pittoriche di una siepe*, credo che continuerò sempiternamente a deludere le vostre aspettative, o amanti del DIY. 

*potrete constatarlo voi stessi grazie al disegno in allegato, che solamente in uno sforzo potremmo definire "naif". 
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Parole meravigliose, che adoro 
e che sono certissima di aver usato, da qualche parte

affaccendati, affastellati, affibbia, arrovello, boccheggiante,
 ammennicoli, frusciare, scalpiccio, zufolare... 

Per qualsiasi ragione voi le abbiate cercate, sappiate che avete tutta la mia approvazione. 

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Mezzi di trasporto
"Bruma GM"

Dopo accurate ricerche, scopro trattasi di autovettura. Dunque, i miei mezzi di trasporto prediletti sono i piedi, la bicicletta e l'autobus. Ecco, se vi accontentate vi parlo di quelli: sono un'esperta, riconosco al volo gli autisti che ti permetteranno di leggere tranquillamente sull'autobus e quelli che ti provocheranno il mal di mare. 

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Letteratura 
"Racconti cacca"

Lì per lì mi sembrava una cosina così innocua. Certo, chi ha mai usato la parola cacca dentro a questo blog? Questa è la prima volta, giuro. 

Poi ho avuto la sbadata idea di fare una ricerca su google e di scoprire che no, non ci si trovano solo racconti buffi per bambini. Preferivo restare nella mia ingenuità di blogger del martedì pomeriggio che arrossisce se vede scritto cacca. 

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Parenti particolarmente affettuose 

Premetto che la prima volta che l'ho letto sono scoppiata a ridere. Poi, d'improvviso, è arrivato lo shock. 
Per cui, assieme alla mia fidata collega, ho fatto una ricerca per capire come sia stato possibile finire sul mio blog scrivendo 

"Mia zia mi provoca"

Ebbene, alla quarta pagina dei risultati di google (quindi deduco che chi stava cercando stesse svolgendo una vera e propria inchiesta sul tema, articolata e non priva di difficoltà) campeggia il mio post Lista breve e pronta all'uso di parole che provocano l'orticaria.

Non facendomi bastare quel "provocano" buttato lì nel titolo, scorro in velocità quello che avevo scritto a suo tempo (di solito in questi casi vedo solo gli errori). Nel bel mezzo del testo, a un certo punto ho scritto "mia zia mi regalò".
Svelato l'arcano!

Ma cosa mai mi avrà regalato mia zia nel lontano 1995? Cosa avrà eccitato gli animi di quel nipote giunto infine sul mio blog dopo siffatte peregrinazioni ? 

Un dizionario dei sinonimi e contrari. Nientemeno.


giovedì 25 giugno 2015

Se no me lo dimentico 4 - un ricordo, un viaggio e un quaderno

Dopo un paio di ere geologiche, torna la rubrica Se no me lo dimentico!
Siam giunti alla puntata numero 4, che è guarda caso il numero delle foglie del quadrifoglio, se mai mi capitasse di trovarne uno.

Per l'occasione, ho scelto di soffermarmi su tre blog, tre di quelli che seguo sempre col sorriso.
Tre blog che oggi mi parlano di un ricordo, di un viaggio e di un quaderno - che poi, a pensarci bene, ogni cosa finisce in un quaderno. Finisce e inizia, almeno per me.



Fiori, quaderni e una bellissima collana realizzata da Emma Atelier.

L'oggetto del desiderio

Ne ho uno con la copertina di sughero.
Uno con una bussola sconclusionata circondata da mappe.
Uno con le pagine fatte con la cacca d'elefante.
E poi ne ho tanti, la maggior parte, fatti di carta.
Ma come questo no. Come questo proprio non ce l'ho.

Alessandra (Sorriso a 365 giorni) ha un quaderno fatto di pietra.

Un viaggio letterario in Basilicata


Marina (Littlemissbook) racconta la sua visione di Matera e della Basilicata, una terra "azzurra di cielo quando il vento e le nuvole non la sorprendono".
E lo fa attraverso i libri e gli autori che la narrano e la rappresentano, in un viaggio reale e letterario.

Mi fa venire in mente le volte che ho cercato la mia città nei libri, nei racconti, per ritrovarne un'immagine nuova e antica insieme, diversa. E questa ricerca potrebbe rivelarsi infinita, se solo davvero la iniziassi (la mia città è un'altra, ma è sempre sud, e il sud ha questo suo strano richiamo di sirena, al quale devi cedere, prima o poi).

Studiose per passione


Luisa Carrada (Il blog del mestiere di scrivere) torna indietro il tempo, agli inizi del '900, per raccontare la storia delle "eroine familiari del diritto allo studio": la nonna Anna e sua sorella Maria. Una storia delicata e timida eppure innervata da un'ostinazione fremente. E la si sente scorrere, questa passione per lo studio, ancora adesso, ancora dopo tutto questo tempo.


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Se no me lo dimentico è una rubrica che nelle intenzioni voleva avere una cadenza settimanale, ma poi si è scontrata con la mia totale incapacità di tenere fede agli impegni presi. Sarebbero piccole cose, idee e suggestioni trovate in giro per il web o in giro per la strada, perché se no me le dimentico. 
Cosa che puntualmente accade.

sabato 13 giugno 2015

Sono arrivate le gru

“Ti aspetto più tardi, ma non prima delle 6” 
Così mi dice ed io eseguo. Nemmeno mi chiedo il perché. Sono curiosa, certo, ma preferisco scoprirlo dopo, di cosa si tratta. A volte mi piace che le cose scorrano. 




Esco di casa volando, nel pomeriggio torrido del 2 giugno. Le biciclette sfrecciano verso il parco, io vado nella direzione opposta, verso le vie del centro. 
Ho un unico desiderio, al momento, e decido di esaudirlo subito: prendo un gelato. 
Non si possono avere pensieri tristi, mentre si mangia un gelato. Io, la gonna lunga che si arriccia al vento dei miei passi, la mia borsa sempre troppo pesante.
Arrivo, quasi. 
I miei occhi a istinto si spalancano verso l'alto, cercano dall'altro lato della strada. 
Sono le 6 e 10. 
E le vedo. 
Volteggiano. 
Sono così bianche, investite dalla luce del sole, da non crederci. 
Così lieve è il loro movimento, così calmo. Un'oscillazione infinita, percettibile appena, un tempo lento e quieto, come il respiro di chi scivola nel sonno. 
Pare che galleggino. 
Che intorno a loro non esista nulla se non il silenzio di un pomeriggio d'estate, fatto solo d'acqua e d'aria. 




Entro col cuore in trepidazione. 
Mi fermo, le guardo. 
Un biglietto minuscolo mi dice quello che sentivo e speravo: sono per me. 
Le gru si sono sospinte fino a qui e ora animano il soffitto coi loro brevi voli di carta. 

Montserrat mi aveva già regalato delle gru – sono sempre pronte a comparire nelle fotografie che scatto nell'unico angolo condivisibile di casa – tutte colorate per mia esplicita richiesta. 
Questa volta, invece, non le avevo chiesto proprio nulla. 
Ma, alle volte succede, le persone decidono di volerti sorprendere.
Si prendono un momento della loro vita e pensano a te. Scelgono un gesto, con cura, e te lo dedicano.
Sono ferma all'ingresso del locale e le gru si muovono piano.
Quel volo bianco, silenzioso, puro, sopra la mia testa – quel mondo semplice e incontaminato – è la mia immaginazione che si dischiude. Senza scalpiti. Che fiorisce. 
Che crede sia possibile. La pace.






E allora sono io, adesso, che mescolo il vociare in lontananza con i primi sogni, che cedo al peso delle palpebre e al fresco delle lenzuola, che divento bianca, candida, fatta solo d'acqua e d'aria. 
Volteggiano.

Lei sa.  
E questo è l'importante.


giovedì 7 maggio 2015

28 aprile

Credo di essermelo segnato ovunque: sul diario, sull'agenda, su un quaderno apposito, su post it dai colori fluorescenti, nel promemoria del telefono. 
Credo di averlo ripetuto più e più volte: la maggior parte delle settimane da gennaio fino ad adesso, con grafia sempre più grande, sempre più decisa. 
“28 aprile” mi scrivevo “ricorda!” .
Poi mi sveglio una mattina ed è il 7 di maggio. 

Amo le ricorrenze – quelle piccole e personali, quelle a cui basta un sorriso per essere festeggiate – e credo fermamente che alcune di queste, ad esempio il giorno del mio compleanno, siano sacre. 
Per cui avevo deciso che quella data sarebbe stata celebrata degnamente. Non avevo fatto i conti con la volubilità del mio cervello e soprattutto col calendario che a un certo punto decide di rotolarti via di mano (ditemi che capita anche a voi). 




Il 28 aprile questo blog ha compiuto 4 anni. 
4 anni sull'altalena (nuvole e prato, prato e nuvole), ma, come dire, pur sempre un periodo lodevole di tempo in cui sono riuscita a resistere alla tentazione di chiuderlo. 
4 anni in cui, coi miei tempi – ere geologiche – ho iniziato a scrivere sempre di più. 
Del resto, mi succede la stessa cosa in qualsiasi luogo mi capiti di entrare: ci metto almeno 3 anni per ambientarmi e per iniziare a parlare. Poco e a voce bassa, solitamente. 

Quindi tanti auguri in ritardo a questo blog tra le nuvole - buon 28 aprile!
Lo voglio festeggiare con un piccolo viaggio nel passato: così voi potrete ritrovare alcuni post che altrimenti mai nella vita vi sarebbe capitato di mettervi a leggere (vi perdono) e io mi ricordo che cosa ho scritto qui dentro finora. 
Non tanto, a dire il vero. E ad una prima occhiata, direi che parlo soprattutto di merli. 


Un post all'anno

una grandiosa opera di auto catalogazione 

2011Del perché amo viaggiare in autobus 
È dall'età di 8 anni che prendo l'autobus all'incirca tutti i giorni. Va da sé che spesso si fanno incontri interessanti, come si può ben evincere da questo post. 
NB: il tono di lievissima spocchia che si può dedurre dal racconto è dovuto al fatto che, se vengo disturbata quando mi trovo beata nella mia solitudine, ad un primo impatto sembro la persona più antipatica del pianeta. Vi assicuro che il più delle volte è solo timidezza. 

2012 - La vita timida delle cose 
Momenti di spiritismo quotidiano. 

2013 - Turisti 
Una passeggiata, la primavera, la tranquillità, qualche fotografia ogni tanto: diciamo che mi piacerebbe vivere così. 

2014Emocromo 
Questo è uno dei miei post preferiti, lo ammetto.

In base a cosa ho scelto proprio questi 4 e non altri?
Non me lo ricordo. 
La scelta era stata fatta un paio di mesi fa. Immagino anche con quanta solerzia. 
Senza alcun dubbio, devo aver pensato una cosa del genere: 
"Così per il 28 aprile è tutto pronto".



sabato 11 aprile 2015

Tecniche di rilassamento per lunatici


“Cosa fai per rilassarti?” 
Me l'ha chiesto una mia amica ieri. Una di quelle amiche con cui puoi fare questo genere di discorsi, sapendo di poter rispondere qualsiasi cosa. 
“Non esiste niente che mi possa rilassare” ha risposto il mio istinto. 
Per fortuna questo dialogo stava avvenendo tramite mail, così ho potuto rileggere ciò che avevo appena scritto, ridere di me stessa e cancellare. 

Una lepre che si blocca di fronte ai fari della macchina. 
Un capriolo che drizza le orecchie al primo crepitio di rami. 
Una freccia che sta per essere scoccata e non scocca mai. 
Difficilmente penserei di descrivermi come un gatto acciambellato davanti al camino, per intenderci. Sono interiormente convinta che nulla possa cambiare questo stato di tensione “naturale”. Ma per fortuna, dicevo, mi sono fermata un secondo a riflettere, prima di rispondere alla mia amica. Confermo che riflettere serve

Stamattina ho letto questo post di Zelda was a writer: 10 cose da fare in caso di umore neroOra, Zelda potrebbe anche scrivere “Caffè zucchero carote cavolo cappuccio sapone per le mani” che sarebbe comunque capace di generare il buonumore nel mondo, o se non altro ricordarmi che devo fare la spesa, ma stamattina, ecco, stamattina probabilmente avevo bisogno di queste sue parole.
Allora riprendo in mano la mail che alla fine ho mandato alla mia amica e ci aggiungo qualche riga in più. Perché è vero, non è che se mi fermo, respiro e mi dico che mi devo rilassare mi rilasso in automatico. Ma nemmeno crogiolarmi nel malumore mi ha mai portato a brillanti risultati. 




Mi rilassa camminare, specialmente sotto gli alberi, ancora di più se posso incontrare qualche piccolo animale. Osservare gli animali nel loro mondo, tutti presi dalle loro faccende, mi trasmette una pace assoluta. 
Mi rilassa scrivere. Anche cose tristi o arrabbiate o ansiogene: è il gesto stesso che le trasforma in altro. Che mi trasforma in altro. 
Mi rilassa leggere, sempre. 
Mi rilassa fare ordine, per quanto assurdo possa sembrare, dato che NON sono ordinata. 
Mi rilassa svegliarmi presto la mattina.
Mi rilassa passeggiare guardandomi intorno, percorrere anche le più piccole vie di una città.
Mi rilassa scoprire cose che non conoscevo.
Mi rilassa vestirmi con cura, scegliere un accessorio che mi rappresenti, sorridermi allo specchio. 
Mi rilassa lavorare con dedizione, attentamente, acquisire ogni giorno una nuova sicurezza, anche se invisibile, anche se minuscola.
Mi rilassa stare in silenzio, da sola, in alcune ore del giorno - di solito verso il tramonto e poco dopo, quando la luce cambia ed è perfetta e limpida nel riflesso della finestra - e sentire che tutto dentro si acquieta, piano piano. Ma devo fare attenzione a non lasciare entrare troppo la malinconia: un pochino va bene, quando è leggiadra, come la tristezza da abbandono del palloncino, che in un momento ti scivola dalle mani e vola via. Certo, ti dispiace perderlo, il palloncino, ma è così bello vederlo salire nel cielo, ovaloide e tutto colorato. Questa malinconia è solleticante, mi fa venire voglia di creare. Ma è una rilassatezza sempre un po' in bilico, quella che provo, tremolante, ed è preziosa e sa sorprendere. 
Mi rilassa la compagnia delle persone con cui si può chiacchierare senza dover sembrare altro da quello che si è. 
Mi rilassa la gentilezza, il sorriso, la naturalezza, l'ingenuità.
Mi rilassa sapere che ci sei. Riconoscerti. Ascoltarti suonare nella stanza accanto. 
Mi rilassa cercare la poesia.




E allora lo faccio, quello che mi fa stare bene. Tanto sono cose molto piccole e molto, molto semplici, nulla al mondo mi potrebbe impedire di farle.
Tutto sta nell'iniziare, direbbe una persona che conosco da 28 anni e 10 mesi.


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